Quando ero piccola, non sapevo che avrei fatto della scrittura il mio mestiere, né che avrei potuto scrivere per imparare. Nei miei sogni di bambina mi vedevo medico. Durante l’adolescenza ho cominciato a tenere un diario, sebbene non fossi particolarmente costante. Non vi scrivevo tutti i giorni, ma solo quando i tormenti dell’età bussavano per venire fuori.
Il primo approccio a una scrittura destinata ad altri è arrivato comunque abbastanza presto, con un racconto horror — certamente influenzato dalle mie letture di allora — e con un breve saggio sulle donne. Il primo, credo di non averlo fatto leggere a nessuno; il secondo, lo lesse una delle mie sorelle. Non ricordo con precisione cosa mi disse al riguardo, ma credo non fosse nulla di sensazionale, dato che non vi ho mai rimesso mano. In verità, non so neppure che fine abbia fatto. Poi è stata la volta dei racconti melensi e struggenti, in cui davo forma ai sogni romantici della tarda adolescenza. Eppure ancora non aveva preso vita l’idea che la scrittura potesse diventare per me un mestiere. Una cosa però è certa: scrivere mi permetteva di imparare, di scoprire, di conoscere.
Cosa significa “scrivere per imparare”?
Ho sempre scritto in modo abbastanza corretto, fin dalle elementari. Mai avuto problemi con le doppie, vincevo spesso le fatidiche “gare di verbi”, anche se più per le letture costanti che per lo studio attento della grammatica. Alcuni piccoli errori, però, me li sono portati dietro finché non ho cominciato seriamente a pretendere da me stessa un maggiore rigore. Da lì è iniziata la fase vera di studio, e la scrittura è diventata un prezioso strumento per imparare. Ma cosa, esattamente? Innanzitutto a sfruttare al meglio le risorse: manuali, grammatiche, dizionari, ma anche forum e siti specializzati. In secondo luogo, lo scrivere mi impone l’uso — e quindi lo studio — di registri diversi a seconda del contesto. La scrittura giornalistica è differente da quella narrativa — ma vedremo che nel cosiddetto new journalism sono molti i punti di contatto tra esse —, così come il web ha regole diverse rispetto alla carta stampata. Infine, la scrittura insegna a leggere di più e con maggiore consapevolezza. Cosa significa? Che chiunque voglia scrivere deve necessariamente essere un lettore vorace — diffidate di coloro che non leggono, soprattutto se hanno la presunzione di definirsi scrittori o aspiranti tali — e che la lettura per puro svago cessa semplicemente di esistere. Smembrare un libro — o un articolo giornalistico —, studiarne la struttura, soppesarne e comprenderne ogni parola diventa naturale e necessario. Così si crea il circolo virtuoso: la lettura, strumento di conoscenza per antonomasia, affina la scrittura che, a sua volta, si nutre di nuove e costanti letture. Ed è così che si impara. A scrivere, a leggere sempre di più e meglio, finanche a vivere.